Il PNRR entra nella sua fase conclusiva. A Palazzo Chigi, giovedì 25 settembre, è convocata la cabina di regia con Governo, parti sociali e rappresentanze territoriali: il passaggio serve a chiudere l’assetto della rimodulazione da portare in Parlamento a inizio ottobre e da definire con Bruxelles entro metà novembre. Non è un appuntamento di rito: da questo tavolo passa l’ultima correzione di rotta utile prima del traguardo 2026.
La regia politica è affidata al Ministro per gli Affari europei, il PNRR e le Politiche di coesione, Tommaso Foti, in carica dal dicembre 2024: è un’indicazione chiara di centralizzazione delle scelte su tempi, priorità e coperture.
Che cosa si decide, in concreto
La linea è ormai definita: tagliare gli interventi non più eseguibili nei tempi e, parallelamente, trasferire sul PNRR progetti già finanziati con risorse nazionali (compatibili e previa autorizzazione UE). L’effetto è duplice: più credibilità sulle scadenze e spazio aggiuntivo in manovra senza toccare il deficit. In parallelo, per superare il “muro” temporale del 2026, il Governo sta predisponendo canali “facility” per circa 10 miliardi aggiuntivi, che porterebbero il montante a 18,5 miliardi (circa il 9,5% del PNRR), in particolare su innovazione, competitività e competenze: dossier che coinvolge direttamente il sistema produttivo.
Questo riassetto arriva mentre la macchina dei pagamenti procede: il 30 giugno 2025 è stata inviata alla Commissione la richiesta per l’ottava rata (12,8 miliardi), dopo l’erogazione estiva della settima rata. Sono scadenze che spiegano l’urgenza di un’ultima “squadratura” del Piano.
Perché è diverso dalle revisioni precedenti
Le correzioni del 2023-24 hanno riallineato singole misure. La revisione 2025, invece, è di fine corsa: combina selettività (via i progetti fragili) e ingegneria finanziaria (spostamenti tra fonti e nuove facility), con impatti diretti sulla legge di bilancio. Tradotto: non basta “aggiornare i cronoprogrammi”; serve dimostrare cantierabilità reale, disponibilità delle forniture e governance degli atti.
Cosa significa per chi lavora con il PNRR
Enti locali
Il messaggio è semplice: difendere ciò che è solido, sostituire il resto. Vale la pena arrivare al confronto con dossier snelli (2 pagine per intervento “core”) che esplicitino stato avanzamento, criticità autorizzative, milestones, fabbisogni residui e – se necessario – piani B su altre fonti (FSC, POR 21-27, bandi nazionali). La cabina di regia coinvolge anche le rappresentanze territoriali: chi si presenta con numeri, atti e tempi credibili entra nel “perimetro corto” delle priorità.
Terzo settore
Per gli ETS vale la regola dell’operatività misurabile: partenariati formalizzati, permessi già ottenuti, forniture opzionate, indicatori sociali verificabili entro il 2026. Nella selezione finale verranno privilegiati gli interventi ad alta densità di risultato e con rendicontazione lineare rispetto ai target di rata.
Imprese
La finestra più interessante è quella che si sta aprendo con le facility su innovazione e competenze. È il momento di mettere a terra piani d’investimento con KPI credibili (produttività, export readiness, efficienze), pronti a scalare su canali che verranno formalizzati nelle prossime settimane. Le filiere che riforniscono PA e soggetti attuatori, inoltre, devono blindare tempi, penali e continuità di fornitura per non trasformare il 2026 in un collo di bottiglia.