Il disegno di legge di bilancio per il 2026 – insieme al Documento Programmatico di Bilancio trasmesso alla Commissione europea – fissa il perimetro entro cui si muoveranno le politiche pubbliche nel triennio 2026-2028. Oltre i titoli e le cifre aggregate, la domanda che interessa gli amministratori è una sola: quali spazi operativi e quali risorse si aprono per i Comuni? La risposta non è immediata, perché molte misure passeranno da decreti attuativi e riparti tematici. Ma alcuni indirizzi utili per impostare bandi e candidature sono già leggibili.
Un primo fronte riguarda la stabilità finanziaria degli enti in difficoltà strutturale: nella bozza si annuncia un fondo pluriennale per i Comuni in dissesto o a rischio pignoramenti, con una dotazione stimata in oltre 2 miliardi nel triennio, che può attivare bandi selettivi o accordi di rientro connessi a piani di risanamento. Per gli enti coinvolti, significa poter riaprire la programmazione degli investimenti oggi congelata, agganciando linee di finanziamento specifiche quando i decreti saranno pubblicati.
Accanto al tema della tenuta dei bilanci locali, il quadro programmatico conferma la leva degli investimenti pubblici (non solo quelli PNRR) come fattore di crescita: sanità territoriale, scuola e sport, tutela del territorio, digitale, mobilità locale. Qui la chiave non è cercare “il bando universale”, ma intercettare i riparti dedicati e le finestre settoriali che i ministeri apriranno a valle della manovra (sanità, istruzione, cultura/sport, ambiente, interno). La logica è quella dei DPCM di riparto e degli avvisi tematici: chi ha progetti maturi e cantierabili arriva prima.
Nel dibattito di bozza emergono poi due segnali operativi. Il primo: semplificazioni e slittamenti puntuali di scadenze contabili (es. bilancio consolidato), utili a chi ha cantieri complessi o gestioni in aggregazione; non sono “soldi in più”, ma condizioni migliori per competere su bandi e chiudere le rendicontazioni. Il secondo: alcune richieste storiche del comparto (ad es. risorse certe per rinnovi CCNL Funzioni Locali) non risultano, al momento, coperte nella bozza, e questo sposterà la pressione su capitoli di spesa e negoziati successivi. Per gli enti significa prevedere cofinanziamenti credibili e un’attenta pianificazione dei costi di gestione post-intervento.
Cosa fare adesso, in concreto.
Primo: costruire un parco progetti per linee di intervento coerenti con la manovra (territorio/ambiente, impiantistica sportiva e scolastica, valorizzazione patrimonio, digitale e servizi), ciascuno con studio di fattibilità, quadro economico, tempi e indicatori: sono i dossier che permettono di agganciare al volo i decreti di riparto e gli avvisi quando escono. Secondo: mappare cofinanziamenti e partenariati (fondazioni, imprese, ASD/ETS, unioni di Comuni), perché la competizione tenderà a premiare progetti integrati. Terzo: calendarizzare le scadenze ipotizzando che i ministeri aprano le prime finestre tra fine anno e Q1 2026, e farsi trovare con delibere, CUP e atti pronti.
Il punto non è attendere un “nuovo PNRR”, ma giocare d’anticipo dentro una manovra che offre strumenti a geometria variabile: fondi mirati per fragilità finanziarie, riparti per investimenti territoriali, qualche margine contabile in più. Con una regola semplice: progetto pronto oggi = finanziamento possibile domani. È qui che una regia tecnica come OMeGA può fare la differenza, dalla cantierabilità alla rendicontazione, passando per criteri e indicatori ex-ante.



